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  • La testimonianza del sionista Samuel Untermyer sullo sterminio nazista degli ebrei, fatta nell'agosto del 1933

    Conosciamo la famosa “profezia” di Hitler pronunciata durante il suo discorso del 30 gennaio 1939 al Reichstag: “Oggi voglio essere ancora un profeta: se l’ebraismo finanziario internazionale, in Europa e fuori Europa, riuscisse ancora una volta a gettare gli uomini in una guerra mondiale, il risultato non sarebbe la bolscevizzazione della terra e con essa la vittoria dell’ebraismo, ma l'annientamento della razza ebraica in Europa". [sondern die Vernichtung der jüdischen Rasse in Europa] . Ma non tutti conoscono le capacità degli ebrei stessi di "profetizzare" la Shoha giacché storicamente sono rimaste in comoda penombra, nonostante alcuni tra i più illustri sionisti del mondo abbiano previsto, e, in alcuni casi, addirittura visto lo sterminio degli ebrei in Europa anni prima che accadesse. Per esempio Samuel Untermyer; avvocato e leader civico americano, nonché multimilionario, nato in Virginia nel 1858 e trasferitosi a New York per laurearsi in legge e fondare lo studio Guggenheimer, Untermyer & Marshall. Dopo l'ammissione all'albo degli avvocati, Untermyer divenne presto famoso come avvocato, concentrandosi sul diritto societario, e regolamentazione del mercato azionario e della proprietà statale delle ferrovie, diventando il primo avvocato in America a guadagnare un compenso di 1 milione di dollari per un singolo incarico, nel 1890!!! Samuel Untermyer diventò molto facoltoso, rappresentando clienti aziendali e investendo nelle loro imprese, nonché sostenendo cause ebraiche sia negli Stati Uniti che all'estero. Nel 1899 comprò all'asta una tenuta di 150 acri lungo il fiume Greystone, a Yonkers, New York, su un terreno adiacente al fiume Hudson, in cui fece epici ricevimenti e organizzò visite pubbliche ai suoi giardini, fino alla morte, avvenuta nel 1940. Untermyer fu anche un influente democratico anche a livello nazionale, partecipando spesso alla Convenzione Nazionale Democratica come delegato; fu determinante nella creazione del sistema della Federal Reserve e ha sostenuto la regolamentazione delle borse valori. Ma, soprattutto, Unterrmyer fu un attivo sionista, abile sostenitore del movimento di liberazione sionista, e presidente del Keren Hayesod, il fondo nazionale e la centrale finanziaria - attivo in diverse parti del mondo - attraverso la quale il movimento sionista ha sovvenzionato la costruzione dello stato di Israele. Samuel Untermyer fondò e fu presidente della Anti-Nazi League, con cui si fece promotore e sostenne il boicottaggio mondiale della Germania e la distruzione del regime di Hitler. Nel 1933 fu capo delegazione statunitense alla conferenza mondiale ebraica di Amsterdam, e a quella conferenza venne eletto presidente della stessa. Al suo ritorno negli Stati Uniti, il 6 agosto 1933, rivolse un accorato appello alla nazione dagli studi radiofonici della WABC, con cui chiese di intraprendere una guerra santa contro la Germania e dove chiedeva a tutti gli ebrei del mondo di boicottare tutti i prodotti tedeschi. L'intero discorso venne pubblicato dal New York Times il giorno seguente. Numerosi i passaggi interessanti, specie quelli in cui Untermyer si sposta dal presente al futuro. Ed alcuni sono davvero sorprendenti, visto che l'abile retorica dell'Avvocato Untermyer è tale da confondere il futuro con il presente e viceversa. “Sono profondamente toccato dal vostro entusiastico benvenuto al mio ritorno oggi che, capisco perfettamente, non è diretto a me personalmente ma alla guerra santa in cui ci siamo ora imbarcati per la causa dell’umanità. Questa è una guerra che dobbiamo condurre senza sosta, finché le nubi oscure dell’intolleranza, dell’odio razziale e del fanatismo che si sono addensate su quella che era la Germania, ma che ora non è altro che la roccaforte medievale di Hitler, non saranno dissipate. Se cominciamo ad ammettere, come sostiene spudoratamente il governo tedesco, che tale diabolica persecuzione di persone di una razza o di un credo è una questione interna e non una preoccupazione del resto del mondo, chi può sapere quale sarà il prossimo passo? È ora o mai più che tutte le nazioni della terra devono fare causa comune e insorgere contro la mostruosa pretesa di massacro, riduzione in carestia e annientamento senza capo né coda né scusa, da parte di un paese che è tornato alla barbarie della propria nazione. “  Quando potremo raccontare la storia, e un giorno saremo in grado di farlo (…) il mondo si troverà di fronte a un’immagine così terribile nella sua crudele barbarie che l’inferno della guerra (…) impallidirà in confronto a questa campagna di diabolico, deliberato, pianificato a sangue freddo e già parzialmente eseguito, sterminio (…) di un intero popolo (…)”. In altre parole, con quel discorso, Samuel Untermyer ci ha detto - già nell'agosto del 1933 -, che un giorno, lui e il suo popolo potranno raccontare la storia dello sterminio, del "genocidio", e quindi "Shoah", di quella, cioè, di fronte alla cui immagine terribile, la guerra impallidirà al confronto! E ci sono riusciti, visto che, dall'agosto del 1933, effettivamente, Samuel Untermyer e tutti gli ebrei hanno cominciato a raccontare la storia dello sterminio degli ebrei, addirittura, come fece lo stesso avvocato newyorchese, narrandolo come già per parzialmente realizzato sebbene gli eventi si siano sviluppati e abbiano avuto luogo anni dopo. Sì, perché effettivamente parlare già il 6. agosto del 1933 , come fece Untermyer riferendo di aver raccolto testimonianze (nel suo viaggio in Europa appena concluso) di ebrei fuggiti dalla Germania a causa delle purghe razziali in atto in Germania, uccisioni, torture e prigionie nei campi di concentramento, sarà anche potuto sembrare realistico per chi sentiva quel discorso quel giorno (visto che Internet non c'era e non c'erano neppure i SN per controllare la genuinità delle informazioni), ma di certo non poteva essere vero, bensì profondamente errato e storicamente un filo prematuro. A ogni modo quel discorso non dovrebbe sembrare realistico oggi che l'Internet l'abbiamo e possiamo penetrare la spessa cortina di fumo in cui - chi ha (ri)scritto la storia di quell'epoca - ha avvolto le vicende della Seconda Guerra Mondiale, specie quelle che hanno determinato lo scoppio di quell'atroce conflitto. Infatti, con un po' di buona volontà, nonostante la stragrande maggioranza delle fonti sia stata ampiamente plasmata dai vincitori, ci si può rendere conto, con un'accuratezza storica di circa il 90%, che lo spoiler dello sterminio degli ebrei in Germania in realtà costituiva ad agosto del 1933 era una abbondante anticipazione di eventi. Forse, addirittura una vera e propria profezia auto -avverantesi non proprio animata da buona fede, viste le innumerevoli migrazioni di ebrei tedeschi dalla Germania verso la Palestina che ne seguirono, con conseguente arricchimento del fondo Keren Hayesod, di cui Untermyer era i massimo rappresentante, nella raccolta di risorse finanziarie da dirottare per la creazione dello stato di Israele e l'insediamento di nuovi settlers. Occorre quindi sottolineare che il discorso di Samuel Untermyer venne fatto a pochi mesi dall'avvio del secondo cancellierato di HItler (dopo le elezioni anticipate del 5 marzo del 1933), un anno prima che Hitler diventasse capo dello stato (Fuhrer), due anni e mezzo prima dell'avvento delle leggi razziali, e addirittura cinque anni prima che il primo ebreo nel novembre del 1938 varcasse la soglia dell'orrore di un campo di concentramento. E che lo stesso Samuel Untermyer, morendo il 16 marzo 1940, non avrebbe potuto assistere alla proiezione del racconto dello sterminio ebreo che aveva fatto lui stesso sette anni prima.

  • GreenPass: Identità digitale condizionata e blockchain-based

    Per capire cosa sia davvero il Green Pass (GP), bisogna richiamarsi innanzitutto al Regolamento (UE) 2021/953 del 14 giugno 2021, nonché al complesso documentale elaborato - già da marzo scorso - a corredo dello sviluppo digitale dell’EU Digital Covid Certificate e delle specifiche tecniche attraverso cui è stata sviluppata l’infrastruttura informatica portante: il Digital Green Certificate Gateway (DGCG). Tale documentazione descrive dettagliatamente i meccanismi del gateway europeo, la rete di data-base e altre risorse informatiche di cui si compone la DGCG, in ordine tanto all’interoperabilità dei certificati verdi e riconoscimento reciproco tra Stati membri, definiti come semplici punti di backend della rete, quanto alla governance a chiave pubblica e alla gestione del consenso e della fiducia all’interno della rete, oltre che tra l’emittente della certificazione, il validatore ed il green certificate holder (appunto). Un monumentale sforzo questo (essenzialmente riconducibile ai tecnocrati dell’e-Health Network, il gruppo di soggetti pubblici istituito dalla Direttiva 2011/24/EU, a cui aderiscono su base volontaria gli enti degli Stati Membri che si occupano di sanità digitale), frutto sia degli sviluppi ante-covid avutisi, già a partire dal 2017 (cfr programmazione 2018-2021), nei sistemi di identità digitale (c.d. eID) e di gestione della medesima (c.d. e-IDM, o eletronic identity management), sia di quanto fatto l’anno scorso con lo sviluppo dell’EFGS, o EU Federation Gateway Service, per permettere l’interoperabilità tra i sistemi di contact tracing degli Stati Membri; che ha trovato piena compiutezza, formulazione e implementazione pratica mesi prima dell’adozione dell’atto normativo di cui al Regolamento (UE) 2021/953 istitutivo della certificazione verde, e, solo dopo, la sua successiva copertura para-legislativa attraverso l’adozione, in blocco, di tutta la documentazione di dettaglio tecnico sopra menzionata, da parte della Decisione Esecutiva della Commissione (UE) 2021/1073 del 28 giugno 2021. Poi, occorre confrontarsi con la vasta congerie di fonti tecniche e specifiche operative, attraverso cui il governo Draghi - già ad aprile scorso, con il D.L. 22 aprile 2021, n. 52 (art. 9) ed a maggio e giugno, rispettivamente con l’introduzione della governance per il PNRR ex D.L. 31 maggio 2021 n. 77 (art. 42), e con il d.p.c.m. 17 giugno 2021 e relativi allegati tecnici (A, B, C, D, E, ed F) - ha issato, non certo dal nulla, la ciclopica macchina della piattaforma nazionale digital green certificate (PN-DGC) per l'emissione, il rilascio e la verifica dei certificati verdi, e rese interoperabili le banche dati dell’anagrafe nazionale vaccinale (ANV), di quelle regionali, del sistema di Tessera Sanitaria gestita dal Ministero dell’Economia e dell’EU-DGCG sopra menzionata quale gateway portante di tutta l’infrastruttura. Dal difficile esame di dette fonti, se ne ricava che tanto la EU-DGCG quanto la PN-DGC (semplice diramazione di backend, tramite cui l’Italia ha fatto il processo di onboardingper interfacciarsi al gateway europeo, seguendo le istruzioni europee ed i tipici meccanismi di sottoscrizione di web service) sono infrastrutture a chiave pubblica (Public Key Infrastructure, o PKI). Sono, cioè, insiemi, l’uno portante e l’altro periferico, di processi, risorse tecnologiche e protocolli informatici che consentono a terze parti fidate di verificare e farsi garanti dell'identità di un utente, oltre che di associare una chiave crittografica pubblica a un utente sotto forma di una certificazione (attraverso la c.d. crittografia a chiave pubblica, o a doppia chiave asimmetrica, una per codificare e l’altra per decodificare i dati). Peraltro, tutta l’infrastruttura (quella principale europea e la PN-DGC) si fonda sulla piena interoperabilità -strutturale della rete e semantica delle certificazioni -, resa necessaria dall’azione cross-border e intra-europea a cui è destinata. L’interoperabilità strutturale è garantita dal fatto che la rete PKI non è una PKI tradizionale di tipo gerarchico, bensì una c.d. rete di fiducia, o web of trust (c.d. WoT), in cui tutti i partecipanti sono pari-ordinati e con uguali permessi di emettere certificati e, quindi, di confermare tutte le chiavi pubbliche di tutti gli altri (i portatori di certificato verde). Così come reso necessario, d’altronde, dalla intrinseca decentralizzazione con cui debbono operare i diversi partecipanti (emittenti di certificazione, le autorità di certificazione e gli holder di pass verde sparsi per diversi punti geografici d’Europa), e dal controllo centralizzato da parte del medesimo gateway, sia del ruolo (o funzione) di soggetto certificatore di ultima istanza, sia del ruolo (o funzione), che i documenti europei chiamano col nome tedesco di Secretariat, di vero e proprio registro pubblico (accessibile), cioè di ledger o blockchain in cui si sostanzia la componente di data-base distribuito del gateway medesimo; destinato a conservare e aggiornare tutte le chiavi pubbliche di firma (le c.d. DSC, digital signer certificate) attribuite alle autorità di certificazione designate negli Stati membri per convalidare i certificati verdi, prima della loro definitiva pubblicazione, nonché tutte le aggregazioni alle chiavi private (attraverso DSA, digital signature algorithm) corrispondenti all’identità di ciascun DGC holder abilitato dal possesso certificato di una delle tre condizioni di rilascio del pass (vaccinazione, tampone negativo o guarigione). L’interoperabilità semantica invece, cioè la capacità dell’intero sistema di leggere e interpretare un certificato verde emesso da qualsiasi emittente, è realizzata attraverso una struttura dati comune, una terminologia standard, un formato neutrale rispetto al contenuto e una consenso comune sul significato di ogni campo dati, allo scopo di garantire che i dati sanitari contenuti dal DGC siano rappresentati in maniera uniforme e pienamene machine-readable in tutti gli Stati Membri. Tale insieme PKI infrastrutturale basato su crittografia asimmetrica a chiave pubblica ed il formato delle certificazioni, su cui si basa tutto il sistema del GP europeo ed italiano si palesa, pertanto, grazie a questa forte interoperabilità (finanche con i framework in corso di sviluppo a livello internazionale come quello dell’OMS, come reso esplicito dal documento del 27 agosto scorso), come un sistema complessivamente dotato di modularità e scalabilità. E’ costruito cioè come idoneo ex ante ad adattarsi a picchi di carico improvvisi senza diminuire il livello di servizio, e già pronto “for instance, to additional usage scenarios, use cases and types of certificates”, adatto quindi anche ad impieghi addizionali, usi, scenari e tipologie di certificazione diversi. Combinando gli aspetti tecnologici del GP con le sue caratteristiche normative, può dunque sintetizzarsi che la certificazione verde abbia due dimensioni. Staticamente, il GP è un attestato di condizioni sanitarie (per ora). Mentre, dinamicamente, è uno strumento che censisce un utente/green certificate holder su una piattaforma statale (PN-DGC) di accesso ad una rete (il gateway europeo), in grado di validare la presenza di dette condizioni agganciandole (ancorandole cioè con il sistema della crittografia asimmetrica) con certezza assoluta ed immodificabile ad una determinata persona, e di emettere una certificazione abilitante per diverse forme di impiego; quali, ad esempio, quelle inaugurate a partire dall’art. 3 del D.L. 23 luglio 2021, n. 105 (rubricato proprio: Impiego certificazioni verdi COVID-19), per l’accesso ai ristoranti, spettacoli aperti al pubblico, musei, piscine, poi estese con successivi provvedimenti espansivi ad altre forme di utilizzo. E’ facile allora concludere, in tale prospettiva, che il GP-account non è null’altro che la stessa identità digitale pubblica degli utenti, o portatori di certificazione verde - da custodire negli appositi wallet e portafogli digitali IOS e Android istallati sui cellulari (o anche sul semplice supporto cartaceo). Inoltre, poiché tale ID-account è subordinato nel rilascio alla tenuta di una determinata condotta o al possesso di un determinato status abilitanti e certificati, da porre in essere sulla propria persona senza alcuna reale possibilità di libera scelta (il che vale pure per i guariti, che si erano ammalati al di fuori di ogni loro volontà) - stabiliti peraltro dall’autorità pubblica che ne individua pure tutte le possibili “forme di impiego” -, è fin troppo facile concludere che il GP rappresenti uno strumento di censimento anagrafico e del possesso personale di una delle condizioni, per ora, previste per la validazione del medesimo ID-account; nonché il veicolo principale che precipita improvvisamente l’identità personale, soprattutto nella sua accezione strettamente giuridica, nell’enorme ed agghiacciante pozzo della identità-bene pubblico che abilita alla fruizione di diritti, libertà e potestà individuali (o di quel che ne residuerà). E’ ovvio quindi, dinanzi ad una siffatta potenza del GP, che sia certamente da escludere che la vaccinazione sia il suo fine ultimo o surrettizio. Né, francamente, stante l’enormità della portanza del GP ci si può limitare a disquisire, ancora astrattamente, su come, attraverso l’ID pubblica ed il censimento sanitario di cui al sistema stesso del GP, si stia concretizzando il cupo orizzonte del social credit system cinese. Perché è già evidente che, una volta ottenuta e rilasciata a tutti la loro ID digitale pubblica, per ora condizionata a condotte sanitarie, tale identità digitale possa d’imperio essere in futuro non solo condizionabile ad libitum, ma anche plasmabile facilmente per ogni esigenza pubblica, e ahinoi, privata. Between the Acts Norman Rockwell May 26, 1923

  • Green Pass: identità digitale?

    Sgombriamo il campo dal Covid, vaccini e dati statistici. E mettiamo in background le implicazioni del Green pass (GP) tenendo, comunque, presente che, ridotto all’osso, il GP si palesa effettivamente quale inedito strumento d’accesso all’esercizio di libertà e diritti, condizionato ad una condotta a cui i cittadini sono chiamati in massa. Potrebbe darsi che non ci sia nulla di male stante l’emergenza sanitaria. Ma prima di convincerci, partiamo proprio da questo scheletro del GP nudo e crudo, che, indipendente dal suo supporto cartaceo o di QR Code, lo rivela - specie agli occhi di chi ha dimestichezza con i siti Internet e economia digitale - come una sorta di account, necessario per attestare più stabilmente (col vaccino) o temporaneamente (col tampone) il possesso di condizioni di iscrizione di un utente abilitato e verificato, ad una piattaforma di erogazione di diritti e libertà concessi dal gestore. Affianchiamo pure tale riduzione del GP a certe banalizzazioni social che lo paragonano a semafori, patenti, e, da ultimo, ad assicurazioni RCA obbligatorie per persuadere della sua innocuità rispetto a libertà, diritti, patto sociale, stato di diritto e forma democratica. E, fatto questo, similmente ai diffusori dei citati tormentoni semaforisti e patentisti, ignoriamo di proposito i dettagli della nostra ricostruzione riduzionistica del GP-account. E cioè, che: 1) il gestore della piattaforma sia lo Stato, 2) la piattaforma sia proprietaria e a totale controllo statale, 3) i diritti e le libertà siano restituiti - a chi ne era già naturale titolare - in forma di commodity indifferenziate oggetto di erogazione/concessione del gestore. E, infine, che il cittadino risulti ridotto a mero utente a cui, per l’iscrizione in piattaforma, vengano richiesti requisiti soggettivi certificati e sottoposti a verifica per ottenere lo status di elegible, necessario ad abilitarsi al godimento di detti servizi/prodotti che, fino a qualche mese fa, erano comunque suoi. Le libertà ed i diritti, appunto. Bene, dopo aver necessariamente inspirato o deglutito, procediamo ora alla dimostrazione della concretezza fattuale del certificato verde Covid 19 come GP-account. Ma, per farlo, dobbiamo per forza capire, una volta per tutte, a cosa serva e cosa sia realmente il certificato verde, così capillarmente diffuso tra tutti i cittadini per via delle vaccinazioni o attraverso i tamponi (e guarigioni). E lo facciamo senza distinguere i vaccini dai tamponi, dato che l’obbligo legale, per ora, investe il solo GP e non le sue condizioni di rilascio (vaccini, tamponi o guarigioni); le quali, peraltro, come vedremo, anche se fossero, ad esempio, mangiarsi una torta al cioccolato o delle polpette al sugo non cambierebbero la sostanza fattuale e giuridica della certificazione verde di una virgola. Dunque, il GP serve veramente a far vaccinare più persone? O, piuttosto, è la vaccinazione ad essere strumentale alla diffusione del GP? E’ certamente la vaccinazione ad essere funzionale all’estensione del GP e non viceversa. E lo dimostrano l’improvvisa imposizione quando avevamo già il 70% di vaccinati, l’altrettanto inspiegabile espansione all’approssimarsi della soglia dell’80% e, soprattutto, l’ormai manifesta volontà di ottenere il 100% di vaccinati (coinvolgendo anche bambini senza necessità statistiche in termini di costi-benefici, ed elevando l’immunità di gregge a percentuali sempre più alte, nonostante sia certo, ormai, che essa è impossibile con vaccini leack, non sterilizzanti come quelli a diposizione). Vi è certamente correlazione tra certificato verde e vaccinazioni. Ma tale correlazione è capovolta rispetto a quanto dicono certi slogan, secondo cui il GP “è uno strumento che introduce un obbligo surrettizio di vaccinazione”. Infatti, il GP - al di là di talune superficiali dichiarazioni - sembra un mezzo per ampliare indirettamente la platea dei vaccinati. Ma, in realtà, è l’esatto contrario: sono le vaccinazioni che trainano l’estensione del GP, perché più vaccini (o tamponi) si somministrano, più GP-holder vi saranno tra la popolazione. E, quindi, sempre più portatori di certificazione verde. Ma allora, che cosa è il GP? Alla risposta, purtroppo, è assai faticoso arrivarci. Ed è necessario prima aver compreso - attraverso l’approfondimento della genesi del lasciapassare verde e del suo sviluppo normativo nel nostro ordinamento - che il GP è congegnato come strumento win-win, capace di pescare titolari di certificazione sia tra i vaccinati, sia tra i novax destinati ai tamponi e tra i guariti, e avente portata intrinsecamente universale. Visto che, con la pandemia appunto, tutti hanno almeno uno dei tre status sanitari adottati quali condizioni abilitanti al suo ottenimento. Immagine di copertina del post: Cover Girl the Riveter - Illustrazione di Norman Rockwell pubblicata sul The Saturday Evening Post, il 1 Marzo 1941 #greenpass; #ID; #Vaccinepassport

  • Alzatevi soldati!

    #America; #iosonoliberoom, #liberty, #freedom

  • La Cina è vicina (origini del SARS-COV2)

    "La Cina è vicina" , il film di Marco Bellocchio del 1967 - che peraltro racconta una storia di tradimenti borghesi tra assessori socialisti, nobildonne di provincia e maoisti emiliano-romagnoli - è oggi una realtà, tuttaltro che simbolica. Bravo, quindi, al nostro regista piacentino per averci avvertito già mezzo secolo fa. Non solo, oggi gli italiani sembrano aver tanto preso sul serio l'avvertimento fatto da Bellocchio più di cinquanta anni fa, che, come certificato da un' indagine Swg di aprile del 2020, il 53% dei nostri connazionali esprime preferenze per i cinesi e non per gli Usa, apprezzati soltanto per un misero 17%! E dire che il nostro Presidente della Repubblica, nel 2019, prima della sua misteriosa trasformazione avutasi durante quest'anno, a margine del suo viaggio nelle terre del Grande Dragone asiatico, pare abbia affermato una cosa molto sensata: siamo amici della Cina, ma restiamo fedeli ai nostri alleati atlantici e agli Stati Uniti, in particolare [1]. Si sa. Gli italiani, in generale, ascoltano il Presidente del Repubblica solo nel messaggi di fine d'anno. Ma, altri italiani, probabilmente quelli che contano, per davvero, non l'ascoltano mai. Sicché per anni le imprese hanno furbescamente delocalizzato in Cina la produzione idustriale [2], pensandola alla Bellocchio: la Cina è vicina ed il suo capo, XI Jinping, è un pezzo di marzapane. Poi da quel pezzo di marzapane di XI ci arriva l' ennesimo virus cinese che ammazza millemilia italiani, e non si trova di meglio, per mascherarne l'origine, che chiamarlo alchemicamente Covid-19, attribuendone la responsabilità alla natura offesa dai danneggiamenti perpretrati dall' uomo, direbbe il Santo Padre Vaticano; tanto per farci aumentare, ancora, il solito senso di colpa con cui, già da diverse decadi, si usa pascere l'uomo occidentale, colpevole della sua stessa esistenza . Anzi, a proposito delle bellurie che piovono in Italia anche dalle mura leonine, come non ricordare allora quelle incredibili dichiarazioni del 2018 del mons. argentino Marcelo Sanchéz Sorondo che, Cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze, ha sostenuto che è proprio in Cina che vive e prolifica la Dottrina Sociale della Chiesa! Ma veniamo al serio: da dove ci proviene, tra capo e collo, la catastrofe virale che stiamo vivendo? Asia Times, così come ci ha riferito Joseph Tritto, ci informa che osservazioni satellitari rilevano "un evento pericoloso (hazardous event) si è verificato nel laboratorio di Wuhan tra il 6 e l'11 ottobre del 2020, causando un blackout dei cellulari all'interno del laboratorio e nelle sue immediate vicinanze". [3] Né si immagini che tale laboratorio di Wuhan sia mai stato un laboratorio specializzato nell'analisi del sangue e delle urine dei malati. "L' Istituto di virologia di Wuhan, sotto l'egida dell' Accademia delle Scienze cinesi, ospita il Wuhan National Biosafety Laboratory (Laboratorio Nazionale di Biosicurezza), l'unico sito", tra i 15 o venti presenti in Cina, "con sicurezza P4", ossia sicurezza massima [4]. Avete capito bene! Il laboratorio P4 di Wuan è proprio un luogo in cui si studiano con l'ingegneria genetica le guerre, le armi biologiche e le tecniche di sicurezza appropriate a tali ordigni, proibiti dalla Convenzione Internazionale sulle armi biologiche - Convention on Biological Weapons (BWC), o Convenzione sulle armi biologiche e tossiche - Biological and Toxin Weapons Convention (BTWC). Ebbene, la Cina ha firmato tale convenzione. Ma, nell' elenco degli stati che hanno aderito alla Convenzione, la Cina è classificata come Paese che ha aderito ma non ratificato il BWC. Si tratta dell'unico grande Paese che si permette una condotta simile. Degna di nota particolare è, comunque, la circostanza, verificatasi a ridosso della celebrazione a Wuhan (18÷27 ottobre del 2020) dei Giochi Militari Inernazionali. In questa circostanza, Radio Free Asia (RFA) rivela che alcune delegazioni (Francia, Italia, Svezia e Spagna) hanno contratto una grave forma di influenza. In particolare, l'emittenza afferma che "la campionessa mondiale di penthatlon, la francese Elodie Clouvel, si è ammalata insieme al suo fidanzato e ad altri atleti francesi. Recentemente la Clouvel è stata visitata da un medico militare che avrebbe detto di aver forse contratto il Covid-19. La RFA riferisce che la stessa cosa è accaduta all' ex campione olimpico italiano di scherma Matteo Tagliariol e ad altri atleti che soggiornavano con lui nella stessa camera..." Bene, e per concludere, qualcuno, che fortunosamente mi legge, ha notizia di un qualche comunicato sulla vicenda delle Autorità sportive italiane? In caso positivo vi prego di farmene cenno! NOTE [1] I paletti di Mattarella sulla Cina: https://www.lastampa.it/politica/2019/03/23/news/i-paletti-di-mattarella-a-xi-jinping-l-italia-non-rompera-le-sue-alleanze-1.33690094. [2] Delocalizzazioni italiane e Governo: https://www.ilgiornale.it/news/politica/delocalizzazioni-flop-maio-1736649.html [3] Joseph Tritto (Prefazione di James Goldberg), La Chimera che ha cambiato il mondo, Ed. Cantagalli, Siena (settembre) 2020, pagina 86 e nota 5. [4] Ibidem, pag. 52. Immagine di copertina: Calliope Circus - Illustrazione di EM Jackson pubblicata sul The Saturday Evening Post, il 23 maggio 1925

  • La Chimera che ha cambiato il mondo

    Una mattina ho ricevuto un messaggio da un amico di vecchia data nel quale in modo lapidario e chiaro si spiegava che il Virus che ha cambiato la storia del mondo, il SARS-COV2, non aveva origini naturali, ma era una chimera ricombinante. È nato un rapporto una serie di telefonate interminabili con un uomo che mi raccontava particolari e storie che dopo pochi giorni trovavano conferma nelle più autorevoli testate internazionali – il Daily mail, l’Washington post, Il Times, la Bbc, la Cnn, informazioni sostenute da un ampia documentazione da ricerche e un ampia bibliografia. Prof. James Goldberg, già consigliere dei presidenti americani Bill Clinton e Barac Obama, afferma che ha fatto la prefazione al libro del medico italiano Joseph Tritto, ha affermato: «L’Autore e il suo team hanno deciso di scrivere questo libro, mettendo a disposizione di tutti una miriade di informazioni sul SARS-CoV-2, fondate su dati oggettivi attentamente analizzati e verificati prima di essere pubblicati nell’edizione in lingua italiana. Per la stesura dei capitoli sono state utilizzate, con il massimo rigore, ricerche e studi internazionali che sono indispensabili per la comprensione dei temi». Di seguito il video della casa editrice Cantagalli di presentazione del libro fatta dallo stesso autore, ed una recensione podcats del libro di Radio Roma Libera.

  • Il nuovo Liberismo Leninista

    Personaggio incredibile, Gonzalo Lira, classe 68', romanziere e regista americano di origini cilene. Autore di diversi romanzi, cortometraggi, film e video-giochi sia in lingua inglese che spagnola, e contributor regolare di una delle nostre testate di analisi economica di riferimento, Zero Hedge. Personaggio vulcanico, cresciuto nella San Fernando Valley, NYC e Miami, ed attualmente residente ad Amsterdam, da dove è partito, qualche giorno dopo aver girato questo video per il suo seguitissimo canale You Tube, per raggiungere la Polonia attraversando l'Europa in moto dimostrando, on the road, nonstante i blocchi per il covid-19, che la Libertà è un bene assoluto. ed irrinunciabile. Discendente di uno dei padri dell'indipendentismo cileno, José Miguel Carrera, Gonzalo ci è simpatico anche nel cognome - a noi italiani molto caro - e simpaticissmo nel suo modo di esporre. La sua community lo chiama "Coach"; e possiamo dire che da quando lo abbiamo incontrato attraverso questo prezioso video, anche noi facciamo riferimento a lui come a un allenatore, bravo, preparato, e con rare doti di chiarezza. In questo video - che abbiamo voluto faticosamente elaborare sottotitolandolo prima in inglese e poi in italiano -, Gonzalo Lira ci porta con equilibrio e semplicità a capire la situazione attuale rintracciandone la matrice in quel che chiama NeoLiberismo Leninista. Gonzalo accosta e spiega in maniera diretta e precisa tanto l'evoluzione del Comunismo, quanto la reale consistenza oligarchica e monopolistica dell'apparente liberismo economico, svelandone la comune struttura elitaria e base ideologica. In questo suo discorso, Gonzalo passa con disinvoltura e logicità dalla storia di Lenin ad Amazon, dall'attuale "Woke" culture che sta sostituendosi al "politicamente corretto" ai brogli elettorali subiti dal Presidente Donald J. Trump. Elaborando questo video con i sottotitoli, le relative traduzioni ed estrazioni, Liberoom ha potuto apprezzarne ripetutamente i vari passaggi, tanto da aver adottato determinate conclsuioni a pilastri del nostro Manifesto. Lo proponiamo incorporato in questo post con sottotitoli in inglese, anche perché è godibile e facilmente comprensibile soprattutto con l'ausilio dei testi dei sottotitoli sovraimpressi. Mentre per la versione sottotitolata in Italiana, rimandiamo al nostro canale You Tube - neonato come tutto il resto, compreso noi - dove troverete il video da impostare, prima della visione, con la rotellina in basso a destra per visualizzare lo scorrimento dei sottotitoli. Buona visione. #gonzalolira, #neoliberalleninism, #leninsm, #iosonoliberoom

  • La cruciale differenza tra Liberty e Freedom (che in Italia non conosciamo)

    Giorni cupi questi, di pandemia e dittatura sanitaria. Giorni di brogli elettorali nella terra della Libertà e della Democrazia; giorni di censura spinta ormai oltre i confini della umana decenza. Giorni tossici a cui dobbiamo resistere riflettendo sul concetto di Libertà. * * * Salvo rare eccezioni, qui non si alza alcuna voce neppure di dissenso civile o domestico. Tutti muti difronte alla presa d’atto che in Italia pare ormai essersi schiantata l’idea stessa di Libertà insieme a tutti i diritti costituzionali, alla libertà economica e di spostamento, ed alla libertà di manifestare il proprio pensiero senza ricevere la bollinatura fascista. Diciamolo chiaramente, allora: la Libertà in Italia si è liquefatta come idea, come sogno, come metro di misura per valutare la politica e le sue scelte, come strumento per governare discussioni pubbliche e private, e finanche come aspirazione notturna prima di addormentarci. Tutto questo perché? * * * La risposta è enorme: la Libertà, nel nostro Paese, non ha mai goduto di fama né di attenzione. Abbiamo alle spalle una striscia buia, lunga almeno mezzo secolo, in cui l’Italia è passata ripetutamente dalla padella alla brace senza mai scorgere l’alba della Libertà all’orizzonte. Dal Socialismo Reale della Prima Repubblica e del pentapartito alla finta “rivoluzione liberale" del Cav. Berlusconi, che - osteggiato dalla magistratura militante che aveva devastato il sistema partitico risparmiando la sinistra - ha modellato la Seconda Repubblica sulla sola premura personale di farsi accettare nel ristretto club politico “che conta", normalizzandosi ed archiviando anzitempo il suo essere un irregolare ed un outsider del sistema. Da quell’ignobile aliud pro alio liberale al lungo tunnel dell’antiberlusconismo. Per poi atterrare, senza neppure accorgercene nella orrenda Terza Repubblica guidata dal PD; che, con l’ennesimo diversivo ideologico – quello di matrice utopico-europeista – ha agganciato il Paese e l’opinione pubblica dominante ad un internazionalismo sempre meno liberale e sempre più globalista. * * * Così, ora - nel bel mezzo del rischio mortale, quello sì, di collasso economico – nessuno ha la forza reale di reagire perché ci ritroviamo spogliati anche della nozione stessa di Libertà. E’ panico totale travestito di mansuetudine. Stiamo girando la testa dall’altra parte, come hanno fatto i tedeschi con l’avvento del nazismo, lasciando spadroneggiare una regia di governo, il nostro, che si regge sull’alleanza dei 5 Stelle, nati dalla mente di un guru di Internet che, mentre ci lanciava addosso, per interposta persona, truppe cammellate di “onesti”, importava il mito globalista dell’uovo nuovo, tecnologico e iper-connesso, il neo-proletario 2.0; quell’ibrido digitale che peggio di un film horror sarebbe ovunque e conoscerebbe tutto, come e più di Dio stesso. Come è possibile non vedere che questa specie di comunismo 2.0 è in realtà feudalesimo 4.0 retto su quell’internazionalismo socialista, che tutto è fuorchè “democratico”? Come fare ad attribuire credito e potere di decidere dei nostri destini ad organizzazioni che non si reggono sul voto democratico? Come non vedere ancora ed ancora il pericolo di scivolare nel baratro di una tirannia globale e globalista così evidente e manifesta ormai? Le parole contano Forse tutto nasce dall'assenza nella nostra lingua di parole, che l'inglese invece ha, per descrivere la differenza non sottile che c'è tra Freedom e Liberty. Ma le parole contano. Contano sempre sia per arrivare dove dobbiamo andare, sia per sapere per cosa stiamo combattendo, sia per capire quali sono i nostri nemici e perché. E dobbiamo capirne il senso. Già la stessa cultura anglo-americana che ha due parole distinte fa fatica a ricordare la differenza e tende a pensare che i due termini di Freedom e Liberty siano intercambiabili. Figuriamoci noi, che non abbiamo due parole e ci mancano le basi anche per capire il senso dell’unica parola in nostro possesso per definire la Libertà. Il Presidente Donald J. Trump, nei suoi discorsi pubblici, usa da anni continuamente questi due termini, accomunati ma sempre distinti. Ed ogni volta che si riferisce alle liberties - lui come tanti altri - aggiunge sempre l’espressione God-given. A richiamare il messaggio dei Padri Fondatori, secondo cui la Libertà era un diritto concesso da Dio ma lasciato in gestione al governo attraverso l'attribuzione ai cittadini del diritto di sfruttare al meglio quelle libertà. Ed è bene ricordarselo, sottolinenando pure la diversa derivazione dei due termini di Freedom e di Liberty e la sommatoria concettuale, confusa, alla base della nostra unica parola per dire Libertà. La Libertà intesa come Freedom è una parola di origine tedesca che significa semplicemente la capacità di auto-determinarsi e prendere decisioni o eseguire azioni senza controllo esterno. Mentre, la Libertà intesa come Liberty, con le sue radici francesi come la nota statua divenuto simbolo degli USA, significa libertà che è stata concessa da qualcuno, da un elemento esterno, tipicamente la nostra società o governo, o meglio, da Dio secondo i Padri Fondatori della repubblica americana. Seguendo questa distinzione si comprende dunque più facilmente che la Libertà intesa come Fredoom è la spinta umana con cui siamo nati, mentre la Liberty - francese come la statua simbolo degli USA, appunto - è qualcosa che dobbiamo strappare a qualcun o a qualcosa per prendercela, per cui dobbiamo quindi lottare affinchè sia concessa da una forza esterna. Ecco perché è fondamentale conoscere le sfumature anche lievi, ma potenti di ogni parola, soprattutto visto i tempi in cui viviamo. #Liberty, #Freedom

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